Assassino

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    Anonymous
    Genere: Drammatico
    Rating: verde
    Fandom: ispirato alla serie Tv Rome e al libro Idi di Marzo
    Personaggi: Marco Junio Bruto, Caio Giulio Cesare
    Annotazioni dell'autore: questa one shot l'ho scritta qualche anno fa, e l'ho risistemata ultimamente. E' corta, poco meno di una paginetta. E' ispirata a due opere che amo molto, ovvero la serie tv Rome e il libro di Valerio Massimo Manfredi Idi di Marzo, ma non si riferisce a nessuna delle due.
    Ho usato lo schema del mio portfolio, spero non sia un problema ^^

    Assassino



    Era iniziato.
    L'attacco era iniziato, e Cesare era circondato.
    Tutti i miei compagni congiurati volevano affondare i loro coltelli nel corpo del Dittatore, ma erano talmente ansiosi di farlo che si ferivano anche tra di loro.
    Lui lottava come un leone in gabbia, cercando di fuggire.
    Infine arrivò davanti a me. E la mia mano agì d'istinto.
    Il sangue di colui che avevo chiamato padre scivolò sulla mia mano, mentre estraevo la lama dal suo inguine.
    Cesare fissò gli occhi nei miei, pieno di sconcerto e di sorpresa.
    Mi fissò per pochi secondi, mentre cercava di respirare. Poi cadde a terra, e con un ultimo sforzo riuscì a tirarsi la toga sul volto, in un estremo, disperato gesto per tentare di salvare la sua dignità.
    I miei compagni urlarono dalla gioia. Ma io non mi unii a loro.
    Avevamo ucciso il dittatore. Avevamo salvato i Romani. E allora perché non riuscivo a gioire con gli altri? Perché sentivo che era sbagliato tutto questo? Perché non riuscivo a staccare gli occhi dalla figura di Cesare, sdraiata a terra con la toga senatoria, un tempo bianca, ora rossa del suo sangue?
    Cassio si avvicinò a me, mettendomi una mano sulla spalla. Mi scansai in fretta. Non volevo che mi toccasse, non doveva farlo.
    Respiravo affannosamente, e il coltello che avevo in mano cadde a terra con un tonfo sordo e un tintinnio.
    Cadde un silenzio strano, palpabile.
    Sentii gli occhi di tutti posarsi su di me, ma non alzai lo sguardo.
    Era sbagliato, era tutto profondamente sbagliato.
    Urlai e caddi su uno dei gradoni della curia.
    Niente aveva senso. Perché avevo deciso di ucciderlo? Che cosa diamine pensavo di fare? Di salvare Roma? Non avevo salvato Roma più di quanto fosse riuscito a fare Cesare.
    No. Io non volevo salvare Roma. La verità era che odiavo essere in debito con lui. Odiavo pensare di avere qualcosa a che fare con Cesare. Odiavo dovergli la vita.
    Ma questo non giustificava un assassinio. Perché era questo che avevo fatto. Ero un assassino e non potevo nascondermi dietro false verità.
    Ormai le mie mani erano macchiate del suo sangue. E niente e nessuno avrebbe potuto lavarlo via.
     
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