L'Apparenza Inganna

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  1. Trabby
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    Era una notte buia, il cielo era di un nero profondo, come mai l’avevo visto. Non c’erano stelle, non c’era luna. Sono una fine pioggerellina che mi entrava nei polmoni mentre respiravo affannosamente. Attorno a me le foglie danzano leggere, sostenute da una tenue brezza. Ballano e si scontrano con la pioggia che mi inzuppa i vestiti. Scivolo nell’ombra del bosco, quando sento un rumore. Una vecchia cammina veloce per il sentiero, sostenuta dal nipote. Rimango nascosta a guardarli sparire lungo la stradina. Senza lasciare la protezione dei boschi avanzo nella notte. Appoggio i piedi nudi sulla terra non ancora infangata, che producendo qualche scricchiolio mi fa sobbalzare di paura. Devo stare attenta, mi ripeto. In lontananza inizio già a vedere la casa del vecchio custode. Mi addentro nella boscaglia per essere sicura di non essere notata. Sono costretta a sollevare la gonna, per evitare di rimanere impigliata nei rami bassi, che però mi sfregano le gambe. Il dolore di quei tagli mi procura un leggero fastidio. Superata quell’abitazione, avanzo ancora per molti passi prima di sentire alle mie spalle i guaiti del cane dell’uomo. Spaventata, ho la tentazione di mettermi a correre. Riesco a trattenermi, e avanzo ancora. Si apre uno spiazzo davanti a me. L’erba incolta cresce a chiazze, mista a piccoli fiorellini ormai chiusi, che rendono quel posto meno spaventoso. Sorpasso veloce le lapidi e mi dirigo verso una costruzione fatiscente. Una vecchia chiesetta abbandonata da decenni. Mentre mi avvicino noto che la pioggia inizia a smettere di cadere. Un vento freddo mi scompiglia i capelli, facendomi tremare. Aumento il passo e salgo i pochi gradini, rovinati dalle intemperie del tempo. Varco la soglia. Il bagliore del fuoco mi attira a se. Mentre mi avvicino, il suono dei miei piedi umidi rimbomba tra le pareti. Uno spiffero mi fa alzare lo sguardo. Il tetto era crollato a metà, rivelando una piccola porzione di cielo. Arrivata all’ultimo banco, lo aggiro trovando un uomo chino sul fuoco. Senza scomporsi né dire una parola, si alza diritto e si volta a guardarmi. Sono costretta ad alzare la testa per incontrare i suoi occhi celesti. Gli sorrido, intimidita dalla situazione. Sento le guance avvamparmi. Lui non sembra accorgersene. Mi sorride dolcemente e mi porge un fiore. Un girasole. Rimango stupita. Lo prendo, ringraziandolo con un inchino. Lo porto al naso. Il suo profumo mi ricorda l’estate. Riporto lo sguardo su di lui, che mi osserva. Si siede sulla panca, nascondendo la faccia tra le mani. Mi accomodo accanto a lui. Con una mano gli accarezzo la schiena. Cerco di fargli coraggio anche se non è facile. Il nostro amore non è mai stato facile. Si solleva e apre la bocca per parlare, ma gli appoggio l’indice sopra per farlo tacere. Niente parole questa notte. Non voglio sentire il peso dei nostri litigi per un altro giorno, prima di rivederlo ed accertarmi che stia bene. Gli accarezzo il viso e gli passo la mano tra i capelli rossicci. Avvicino il mio volto e gli sfioro appena le labbra. Sentendo appena il suo sapore. Quando incontro di nuovo i suoi occhi, mi sento male dentro. La sua vita l’ha passata a scappare dalla gente. Accusato di essere un demone, per i suoi dolci occhi e i capelli del colore del fuoco. Anche il prete del paese lo aveva cacciato, ma non potevo credere alle sue parole. Anche io ero una strega ai suoi occhi, perché una volta lo avevo ringraziato con una pagnotta e dell’acqua. Avvicino di nuovo le labbra al suo volto. Lo bacio sulla fronte. Poi scendo e immergo le labbra nelle sue. Quando la sua lingua mi invade il palato, rimango bloccata per l’imbarazzo. Ma mi lascio trasportare da lui. Lui porta le mani sul mio collo, accarezzandomi con le dita leggere. Lentamente le abbassa, con movimenti timidi ed impacciati. Mi leva il mantello pesante e lo posa a terra come una coperta. Mi lascio stendere sotto di lui. Una marea di sensazioni mi pervade il corpo, mentre si stende sopra di me. La maggior parte piacevoli. Molto piacevoli. Lascia scivolare le mani sul mio seno, e ho un brivido. Le sue dita esperte mi slacciano il corpetto che tiene stretto il vestito. Mi siedo e lo fa scivolare oltre le mie braccia, lasciando solo una sottile stoffa bianca a coprirmi il petto, dalla quale si intravedono i capezzoli induriti. Si alza e mi porge una mano. Mi metto in piedi di fronte a lui, che fa scivolare le mani sulla mia schiena. Mi slaccia la gonna marrone che cade a terra. E si allontana appena per guardarmi con indosso la sottoveste bianca. Io arrossisco. Lui veloce si sfila il maglione, rimanendo a petto nudo davanti ai miei occhi incantati. Questa volta mi faccio coraggio e mi avvicino. Gli poso una mano sul petto villoso e caldo. La faccio scorrere curiosa. La pelle bronzea, scurita dal sole. I muscoli dovuti alle giornate di lavoro si induriscono appena, quando li sfioro con le dita. Sembra una statua. Bella e perfetta. Mi chino e gli bacio il collo. La statua di muove. Percorre le mie braccia, con le dita e si ferma sulle spalle. Afferra le maniche del leggero vestito e le allarga. La stoffa scende a terra, lasciandomi indifesa davanti a lui. Rimango ferma, con le labbra incollate al suo collo. Non so che fare. Lui mi accarezza la schiena, e sento un brivido percorrermi. Si scosta e mi guarda. Negli occhi non vedo il desiderio che accomuna gli uomini che girano per il paese, fermandosi nei bordelli. Ci vedo affetto. Forse amore. Gli sfioro le labbra con un bacio e mi stendo a terra. Di fronte a lui. Si china verso il mio ventre e lo bacia. Inizio a respirare affannosamente, mentre le sue labbra morbide salgono. Arrivato ai seni, mi fa scorrere una mano sulla schiena e mi attira a se. Non riesco a trattenere un grido. Invade la chiesa e rimbomba tra le sue mura, per poi uscire nel buio della notte. La sua bocca sapiente gioca con il mio corpo, percosso da spasmi. Poi si allontana e si alza. Veloce si sfila i pantaloni che cadono al mio fianco. Rimango a fissarlo. Non avevo mai visto un uomo nudo e mi sento spaventata da quello che potrebbe succedere. Si abbassa di nuovo su di me. Mi allarga le gambe e si china su di me.
    “Non ti farò male” Mi sussurra vicino all’orecchio. Poi lo sento. Duro, che si fa strada dentro di me. Il dolore mi invade il ventre. Lui mi bacia il collo, facendo scorrere la lingua.
    “Rilassati..” La sua voce è come seta. Apro un po’ di più le gambe, per accoglierlo. Lo sento avanzare. Poi si ritrae per rientrare nuovamente. Il mio corpo inizia ad avere degli spasmi. Il respiro si fa accelerato. Una sensazione di piacere invade ogni mia parte. Le sue mani si scorrono sul collo, accarezzandomi. Mi sorride. Dopo un po’ la sua presa inizia a stringere. Il mio sangue raggela. Il suo non è più un sorriso, è un ghigno. Provo ad urlare, ma ne esce solo un verso storpiante. Le sue mani stringono forte il mio collo. Il dolore mi pervade. Inizio ad agitare le braccia e a colpirlo, con tutta la mia forza, ma inutilmente. Provo a dimenare le gambe, ma l’unico effetto che provoco è sul mio corpo. Che ha uno spasmo a quei movimenti e una sensazione euforica mi pervade il cervello. Prima che la vista si annebbi. Prima del buio. Prima del nulla.

    La mia presa è solida, ma non se ne rende conto. Tenta di urlare ma inutilmente. Prova a colpirmi con le braccia. Povera illusa. Adesso agita le gambe. Lo sfregamento tra di lei e me, ha uno strano effetto su tutti e due. La sento agitarsi. Le pareti interne iniziano a muoversi, e mi provocano un piacere intenso. Stringo ancora di più le mani, mentre quella sensazione sfocia in un piacere euforico. Il mio corpo si rilassa. Così anche il suo. La guardo negli occhi, mentre la vita la abbandona. Dovrebbe essermi grata, questo è un ottimo modo per morire. Esco da lei e mi ripulisco sul suo vestito. Il fuoco illumina ancora la stanza ed emette un caldo piacevole. Così posso allontanare i vestiti ed evitare di sporcarli inutilmente. Estraggo una grossa lama dallo zaino. Mi avvicino al suo corpo ancora caldo e inizio il lavoro. Gli pratico un incisione nel mezzo e scavo tra il sangue fino a trovare il cuore. Con qualche rapida mossa lo estraggo intatto dal petto. Lo appoggio su una vecchia panca. Ho una tentazione. Ridurla a pezzi come le altre puttane, ma ci ripenso. Un briciolo si pietà si fa strada nel mio cuore. Lei è stata buona con me, in fin dei conti. Non lo merita. Raccolgo il corpo della ragazza e lo nascondo nel suo mantello, insieme ai vestiti. Esco e vedo i primi raggi del sole arrivare all’orizzonte. Aggiro la chiesa e lo getto lungo una discesa del bosco. Ci penseranno gli animali a finire il lavoro. Mi pulisco in un piccolo ruscello lì accanto, le cui acque diventano subito rosse. Rientro nella chiesa e mi accorgo che il fuoco ormai è spento. Mi rivesto velocemente. Immergo le mani nella cenere e la strofino sui capelli, per scurirli. Prendo il cuore e lo nascondo dentro una stoffa nello zaino. A fargli compagnia altri 3. In principio erano 7. Ma se non ti lasciano entrare a mangiare in un villaggio, devi arrangiarti in qualche modo. E gli animali non danno la stessa sensazione del corpo caldo di una donna, che ti muore tra le braccia. Esco e il sole mi colpisce il volto. Guardo in lontananza la chiesa. Le sorrido. Il vecchio parroco aveva ragione, dopo tutto. Aveva capito subito chi ero. Era bastato uno sguardo e aveva avvertito tutti che il demonio era tra loro. Peccato che la natura abbia voluto mettermi addosso questi ‘marchi demoniaci’, come li chiamano i preti, per metterli in guardia. Prendo il sentiero e mi incammino per il bosco, diretto alla prossima cittadina per continuare il mio ‘lavoro’.
    A volte l’apparenza non inganna. Sorrido. Ma per fortuna che c’è gente che non ci crede.
     
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